Mozione: Piano d’azione cantonale per la gestione e la regolazione del lupo

“Previo consenso dell’Ufficio federale dell’ambiente, i Cantoni possono prevedere una regolazione degli effettivi di:
stambecchi, dal 1 agosto al 30 novembre;
lupi, dal 1 settembre al 30 novembre.”

Il Consiglio federale, speriamo a breve, emanerà la relativa ordinanza che preciserà l’applicazione di suddetto articolo come pure tutte le altre disposizioni introdotte nella Legge, ma saranno necessari ancora alcuni mesi per cui la possibilità di regolare i lupi arrischia di non poter essere applicata prima del 1° settembre 2024.
Tuttavia il principio che la regolazione dei lupi è affidata ai singoli cantoni è chiara ed è logico che sia così in quanto le differenze tra i vari cantoni del nostro Paese sono notevolissime: da situazioni senza presenza di lupi a situazioni dove i branchi e i singoli lupi sono troppi e i danni agli animali da reddito in continuo aumento e molto preoccupanti. Senza contare anche l’avvicinarsi di molteplici lupi agli agglomerati e alle abitazioni.

Il Ticino è tra i cantoni più colpiti sia per diffusione di lupi (4 branchi accertati ai quali si aggiunge oltre una trentina di lupi vaganti, secondo le valutazioni del centro di monitoraggio KORA) sia per capi predati (nel 2022, in un confronto federale nel nostro Cantone si è verificata la peggior proporzione di capi predati in rapporto ai capi alpeggiati). Anche gli avvistamenti, quelli denunciati alle autorità competenti, in questi primi mesi dell’anno 2023 sono aumentati in modo preoccupante: il numero rispetto allo stesso periodo del 2022 è raddoppiato e si sono verificati casi in ogni distretto, Mendrisiotto compreso. Segno quindi che i lupi sono diffusi in modo capillare anche nelle zone più antropizzate e quindi un rischio di attacchi ad animali domestici o a persone con esiti più o meno gravi non può più essere escluso.

D’altra parte le misure di protezione suggerite dalle autorità federali (cani da protezione, recinzioni, personale ausiliario) sono ben conosciute dagli allevatori, dove è possibile sono state messe in pratica e godono del sostegno finanziario della Confederazione e del Cantone anche se molto si potrebbe ancora fare per intervenire sui limiti attuali, in particolare la disponibilità di cani da protezione e di personale ausiliario.
La morfologia del nostro territorio, molto impervio, formato da alpeggi molto piccoli, le dimensioni delle aziende (dovuto alla frammentazione delle superfici agricole) e una pratica tradizionale che assicura il maggior benessere possibile degli animali (pascolo libero) e anche una cura del territorio capillare non permettono di fare di più di così (secondo lo studio di Agridea del 2017, il 70% degli alpeggi esaminati erano classificati come “non proteggibili”). Uno studio cantonale dove vengono analizzate tutte le aziende d’allevamento del Cantone è attualmente ancora in corso e permetterà una visione completa del nostro territorio e della situazione attuale in Ticino.

La situazione come visto nella difficile annata 2022, dove diversi allevatori hanno deciso di smettere la loro attività, è nettamente fuori controllo e bisogna fare qualcosa urgentemente, altrimenti per il nostro allevamento sarà veramente la fine.
Inoltre, il Consiglio di Stato stesso, nel corso del 2022, aveva rimarcato come il proprio margine di azione fosse limitato dalle disposizioni federali. Ora può far seguire i fatti alle parole.

Richieste
Sarebbe quindi più che necessario non attendere l’emanazione dell’Ordinanza da parte del Consiglio federale, ma iniziare già ora a realizzare un piano d’azione per la gestione e la regolazione del lupo che tenga conto in particolare, oltre alle leggi, di altri elementi fondamentali ossia:
il numero di branchi e lupi già presenti in Ticino nonché gli aumenti prevedibili dovuti alla posizione del nostro cantone, a confine con regioni con una forte densità di lupi;
le peculiarità della pastorizia del nostro Cantone e la necessità di conservare un numero di capi e di aziende che possano continuare ad avere cura del vasto e frammentato territorio montano e che possano continuare a produrre prodotti locali di qualità sia a favore dei residenti sia dei turisti;
trovare delle soluzioni attuabili per le aziende maggiormente in difficoltà, cioè quelle classificate come non proteggibili, che vengono trascurate e messe da parte anche negli aiuti previsti dalla Confederazioni per l’alpeggio, sebbene contribuiscano in maniera essenziale alla cura e al mantenimento del nostro paesaggio nelle zone più discoste ed impervie.

Di conseguenza, i sottoscritti deputati chiedono al Consiglio di Stato, sulla scorta di quanto già approvato anche dal Parlamento del Canton Vaud:

che venga realizzato un piano cantonale d’azione efficiente e coraggioso, che dimostri la visione del Cantone per una gestione e una regolazione del lupo;

il piano d’azione deve tener conto delle considerazioni descritte e avere come obiettivo, tra gli altri, quello di prefissare il numero di lupi singoli e di branchi che il Cantone ritiene e stima sopportabile e gestibile affinché il nostro sistema di allevamento tradizionale possa continuare a esistere senza restrizioni inaccettabili come raccomandato dalla Camere federali e dalla Strategia Lupo Svizzera;

il piano d’azione deve mirare altresì ad alleggerire il carico mentale degli allevatori, ad aumentare i risarcimenti per i danni o addirittura rafforzare le forze di guardia della fauna selvatica / guardiacaccia oltre alle corrispondenti misure attive di allontanamento e dissuasione. Tutto ciò, nei limiti concessi dalla Legge, coinvolgendo e responsabilizzando anche e soprattutto allevatori e cacciatori per una maggiore efficacia e capillarità delle misure di intervento;

il piano d’azione deve servire, oltre a ridurre drasticamente il numero di animali predati, anche a diminuire la percentuale di bestiame da reddito che sopravvive ad un attacco predatorio, ma che però poi vive nella paura ed è traumatizzato e tra le altre cose non produce più come prima;

il piano d’azione deve inoltre rispondere alle ansie crescenti della popolazione in merito alla presenza dei lupi nelle zone antropizzate, con la definizione di misure di intervento chiare volte a modificarne il comportamento, prima, e di prelievo nel caso non funzionassero;

il piano d’azione dovrebbe pure includere riflessioni e conclusioni sulle responsabilità dello Stato in caso di attacco ad animali domestici o a persone. Questo, tenendo conto che i pericoli supplementari citati e le relative restrizioni della libertà personale sono la conseguenza di scelte legislative che sono sempre meno condivise dalla popolazione.

presentata da Sem Genini, Fabio Schnellmann, Omar Balli, Alessandro Mazzoleni, Mauro Minotti, Paolo Ortelli, Tiziano Zanetti, Andrea Sanvido, Alessandro Corti, Lea Ferrari, Eolo Alberti, Aron Piezzi, Roberta Soldati, Daniele Piccaluga, Michele Guerra, Giovanni Berardi, Sabrina Gendotti, Sara Demir, Andrea Censi, Omar Terraneo

https://www.mattinonline.ch/it/article/54220/mozione-piano-d-azione-cantonale-per-la-gestione-e-la-regolazione-del-lupo

“Basta!” con chi denigra la Svizzera, il suo Popolo e le sue istituzioni

Lanciano accuse pesanti e infamanti nei confronti delle forze dell’ordine; raccontano i fatti con la loro distorta visione delle cose e gettano discredito su tutto il lavoro che viene fatto. Lavoro che costa soldi, molti soldi del cittadino contribuente ticinese e svizzero. Sanno – loro i falsi migranti – che ci sono le solite organizzazioni che raccolgono e divulgano tutto quanto vien detto per raggiungere il loro fine: aprire le porte a tutti, buttare all’aria la politica d’asilo, far saltare le istituzioni e chi cerca di garantire la legalità.

Per la Lega dei Ticinesi è giunto il momento di dire “Basta”! Basta con i comunicati stampa e le manifestazioni di una manciata di persone (sempre le stesse!) del collettivo R-esistiamo, riprese dai nostri media, soprattutto con la R$I in prima fila a far da grancassa. Basta dare credito a tutto quanto viene raccontato da qualsiasi richiedente l’asilo, senza alcuna controprova. Basta considerare le forze dell’ordine degli aguzzini e i collaboratori nei centri della SEM dei boia. Basta insomma a questa narrazione, montata ad arte e priva di ogni fondamento.

La realtà è ben altra: oggi gli agenti di sicurezza nei centri d’asilo non possono più alzare nemmeno la voce, perché partono prontamente le denunce. Si dimentica infatti che gli agenti di sicurezza sono chiamati in primo luogo a proteggere i veri rifugiati (famiglie con bambini, ecc.) dai falsi rifugiati (giovani maschi, violenti e irrispettosi). Se dessimo ascolto ai farlocchi comunicati crederemmo che la vita all’interno dei centri sia un inferno. Invece, spendiamo centinaia di milioni di franchi per la politica d’asilo e per la politica d’integrazione, e in questi giorni il Consiglio federale ha chiesto ancora più soldi per l’asilo: parliamo di 133 Milioni di franchi! È ora di dire “Basta!” a chi vuole solo denigrare la Svizzera, il suo Popolo e le sue istituzioni!

Aumento tassi d‘interesse crediti Covid … “e il Consiglio di Stato?”

*Interrogazione di Omar Balli (per il Gruppo Lega) al Governo


Il Consiglio Federale, a fine marzo, ha deciso di aumentare i tassi sui crediti Covid. Dal tasso zero si è passati ad un tasso che va dal 1.5% fino al 2%. Una decisione che penalizza le PMI e gli artigiani che, ricordiamo, avevano potuto beneficiarne per fare fronte alle enormi difficoltà causate dalla pandemia e dal lockdown deciso dal CF.

Va altresì sottolineato che, il 31 marzo dell’anno scorso, sono stati introdotti gli ammortamenti. Infatti, é stato stabilito che, di regola, i crediti Covid devono essere rimborsati entro 8 anni dalla concessione. Nell’attuale situazione congiunturale legata alla guerra in Ucraina ed ai conseguenti rincari, simili decisioni appaiono problematiche. Il nostro Cantone ne risulta ancor più penalizzato in quanto la sua situazione economica e sociale è nettamente peggiore rispetto al resto della Svizzera, anche grazie alla libera circolazione che, va detto, i ticinesi hanno sempre respinto.

Dopo questa doverosa premessa, poniamo al Lodevole Consiglio di Stato, le seguenti domande:

  • è stato consultato prima della decisione del Consiglio Federale? La condivide? Ha espresso o intende esprimere la sua contrarietà? Ha chiesto o intende chiedere l’annullamento o, perlomeno, un rinvio della stessa?
  • Gli Istituti bancari ticinesi, in primis Banca Stato sono stati interpellati in merito (dal Governo federale e da quello cantonale)? Con che esito?
  • Quale è la situazione attuale in Ticino (stima dell’importo totale dei crediti in essere e del loro numero)?
  • Quale effetto si prevede che abbia questa decisione (sia sulle aziende e sugli artigiani coinvolti, che sull’economia ticinese in generale)?

https://www.mattinonline.ch/it/article/54180/aumento-tassi-d-interesse-crediti-covid-e-il-consiglio-di-stato

Mobilità: E adesso la Lega vuole ingabbiare i radar

Troppi controlli, i granconsiglieri vogliono imporre una «giusta misura» al loro ministro

La Lega ritorna a sparare sui radar, come ai tempi del Nano. E pazienza se oggi alla testa del Dipartimento delle Istituzioni c’è un leghista. Il gruppo parlamentare, trascinato da Boris Bignasca e Michele Guerra, ha deciso che è giunto il momento di mettere un argine alla continua crescita dei controlli di velocità da parte della polizia cantonale e delle comunali.

Concretamente la Lega chiede – tramite un’iniziativa parlamentare generica – che l’attuale politica dei controlli di velocità venga aggiornata «in modo più ragionevole», che tutti i radar vengano segnalati con un apposito cartello e che si introduca un tetto massimo al numero di postazioni di controllo della velocità, tanto cantonali quanto comunali, presenti contemporaneamente sul territorio.

Non è un attacco a Norman Gobbi ma quasi, sebbene i granconsiglieri leghisti si siano premurati di esordire nel loro atto parlamentare con tutta una serie di elogi per il «servizio ineccepibile» garantito dalla polizia e dal Dipartimento delle Istituzioni.

Dodici anni di quasi silenzio
Al di là delle parole di circostanza , si tratta del primo affondo leghista sui radar dal 2011 a questa parte, ovvero da quando Norman Gobbi ha ripreso la direzione delle Istituzioni dal centrista Luigi Pedrazzini. In tutti questi anni il malcontento degli automobilisti era stato lasciato in mano all’UDC e al Centro, con l’eccezione di una singola interrogazione del solo Stefano Tonini, nel 2019, dopo che la diffusione del video di un radar piazzato proprio sotto il cartello di cambio del limite di velocità a Camorino aveva scatenato un polverone.

Tanti controlli comunali
Quel radar «truffaldino» – aveva poi spiegato il Consiglio di Stato – non era opera della polizia cantonale bensì di una comunale. Corpi, questi ultimi, cui vanno effettivamente attribuiti molti dei controlli di velocità sulle strade del cantone. Basti pensare che la sola polizia comunale di Lugano esegue più controlli di velocità dell’intera polizia cantonale.

Sono in crescita anche gli appostamenti della polizia comunale di Bellinzona, stabili quelli di Locarno, mentre solo tre corpi – la polizia del Vedeggio, la Ceresio Sud e la Malcantone Ovest – non hanno effettuato nemmeno un controllo radar l’anno scorso. In totale, le polizie comunali sono responsabili di circa l’80% di tutti i controlli di velocità sulle strade ticinesi.

«Dovere» del legislatore

Quel che traspare è un proliferare di controlli radar, spesso nemmeno coordinati tra loro. In questo contesto Bignasca e Guerra ritengono che «vi sia anche un dovere da parte del legislatore, quindi del Gran Consiglio, nel dare a tutto la propria giusta misura, con indicazioni e indirizzi a questa politica di prevenzione».

In pratica, a loro avviso, servirebbe un tetto massimo al numero di controlli radar. In più gli apparecchi andrebbero tutti segnalati, non solo con il consueto comunicato diffuso ogni venerdì dalla polizia cantonale ma anche con cartelli da posare nel tratto precedente l’apparecchio. Questo dovrebbe valere sia per la polizia cantonale, sia per le polizia comunali.

Non sono richieste rivoluzionarie, a dire il vero. Negli scorsi anni c’è chi si è spinto più lontano, come il presidente UDC Piero Marchesi, che durante il suo brevissimo periodo in Gran Consiglio ha proposto di vietare alle comunali di effettuare controlli radar. Quasi quattro anni dopo, la mozione di Marchesi è ancora nei cassetti governativi. Insieme all’interpellanza di Marco Passalia e Fiorenzo Dadò, sebbene fosse stata presentata con la formula dell’urgenza in modo da ottenere risposta prima delle elezioni. Non è stato così. Ma chissà che il fuoco amico non possa velocizzare l’intero dossier.

https://www.cdt.ch/prodotti/e-adesso-la-lega-vuole-ingabbiare-i-radar-314777

Iniziativa Parlamentare generica – “Radar”: giusto prevenire, ma serve una giusta “misura”

La Polizia fa il proprio lavoro offrendo un servizio ineccepibile a tutta la popolazione del nostro Cantone. Stesso discorso vale per il Dipartimento delle Istituzioni. Entrambi, oltre che ad applicare le leggi, devono svolgere importanti compiti di prevenzione ed i controlli della velocità ricadono proprio in questa categoria. E se chi li organizza ha un dovere chiaro nel doverli eseguire e nel prevenire (con le responsabilità che ciò comporta) – in parole povere nel dover “piazzare” radar per dar seguito a questo dovere di prevenzione – ecco che a tendere, senza una “misura” o un’indicazione chiara da parte del Legislatore, i controlli continueranno ad essere sempre più capillari ed importanti. 

Gli scriventi rappresentanti del Gruppo Parlamentare Lega dei Ticinesi, ritengono quindi vi sia anche un dovere da parte del Legislatore (quindi il Gran Consiglio) nel dare a tutto la propria giusta “misura”: con indicazioni ed indirizzi a questa politica di prevenzione. Oggi, infatti, i controlli della velocità risultano numericamente importanti e particolarmente ricorrenti. Sono – a nostro avviso – molti: talvolta veramente troppi.

Bastano – in tal senso – i due grafici qui allegati per ben comprendere le proporzioni.Il Parlamento, anni fa, chiamato ad esprimersi sul tema, decise che per calibrare l’impiego dei radar e quindi per dare una “misura” ragionevole al loro utilizzo, la località (il Comune) del posizionamento dei radar avrebbe dovuto essere segnalata. Oggi così è: quindi ogni qualvolta un radar cantonale viene installato in un determinato comprensorio comunale, ecco che questo viene comunicato pubblicamente tramite comunicato stampa da parte del Dipartimento delle Istituzioni. Ma questo oggi non basta. Purtroppo – infatti – questo iter non ha cambiato le cose. I controlli sono sempre più regolari, importanti e capillari. E questo nonostante un tasso di eccessi di velocità “fotografati” passato da quasi il 10% del 2014/15 al 3.3% del 2022: peraltro a dimostrazione di quanto l’automobilista sia sempre più prudente e corretto (certamente anche grazie alla prevenzione finora attuata). In più, a contrastarne l’efficacia preventiva, proprio in questi anni sono sorte miriadi di applicazioni o chat “vietate” con migliaia di iscritti (regolarmente chiuse e poi riaperte) atte a segnalare le postazioni di controllo della velocità. Cosa che peraltro crea anche una pericolosa e distorsiva asimmetria informativa fra i cittadini. 

Per questa ragione e a fronte di una realtà attuale ben diversa da quella anche solo di dieci anni fa, gli scriventi chiedono che:

1. si aggiorni in modo più ragionevole e meno “forte” l’attuale politica dei controlli di velocità;

2. tutte le postazioni per il controllo della velocità vengano segnalate con un apposito cartello. Ad esempio – ma questa è solo un’ipotesi a dipendenza del tratto e della tipologia di strada – per una distanza massima di 5km. Così da garantire sul tratto coinvolto una velocità secondo i limiti e contemporaneamente segnalare la presenza del controllo;

3. il numero di postazioni di controllo della velocità (tanto cantonali quanto comunali) presenti contemporaneamente sul territorio cantonale venga coordinato e limitato ad un tetto massimo. 

In tal senso andranno quindi adottate le necessarie modifiche legislative.

La presente iniziativa è volutamente presentata nella forma generica al fine di permettere al Gran Consiglio di esprimersi sul principio, lasciando però che tutti i dettagli derivino da una giusta mediazione fra le parti o da un’apposita proposta del Consiglio di Stato.

Boris Bignasca e Michele Guerra

NO al finanziamento della Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina con i soldi dei contribuenti

Con il Messaggio “ratifica dei costi relativi alla gestione della sicurezza della Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina” il Governo chiede al Gran Consiglio la ratifica di una spesa netta pari a CHF 774’666.45.

La Lega dei Ticinesi non intende approvare una tale spesa. I soldi dei contribuenti non devono venir spesi per inutili e faraoniche conferenze che non portano nessun valore aggiunto. In particolare, che la Conferenza in questione fortemente voluta da Cassis, sia stata un grande flop è sotto gli occhi di tutti. 

Ci si aspettava chissà quale indotto per il nostro Cantone ma così evidentemente non è stato. Oltretutto è stata anche totalmente inutile anche dal profilo del conflitto che, come tutti ben sanno, perdura ancora. La Lega dei Ticinesi si era già dall’inizio mostrata molto critica sull’opportunità di svolgere una tale manifestazione, sia per quanto concerne la questione dei costi sia per l’immagine della neutralità del nostro paese.

La Lega dei Ticinesi è convinta che i soldi dei contribuenti debbano essere utilizzati per aiutare i cittadini in difficoltà, in particolare il ceto medio, e per finanziare progetti che vadano a beneficio di tutti e per questa ragione il gruppo parlamentare non sosterrà il citato messaggio e se del caso valuterà di indire un referendum per lasciar decidere i cittadini.

Lega dei ticinesi

NO ad un nuovo accordo sul telelavoro dei frontalieri


In merito al recente raggiungimento, tra la ministra delle finanze svizzera Karin Keller Sutter ed il suo omologo italiano Giancarlo Giorgetti, di una nuova intesa temporanea (valida fino a fine giugno) per permettere il telelavoro dei frontalieri, la Lega dei Ticinesi ribadisce la propria contrarietà a questa opzione.

Si ricorda che i frontalieri che possono telelavorare non sono né gli operai edili e nemmeno il personale curante. Dello “smartworking” può usufruire chi lavora nel terziario, in ufficio. Ovvero quei frontalieri che non rispondono ad alcuna carenza di manodopera ticinese, ma che la sostituiscono, ed il cui numero continua a crescere senza alcun controllo, creando pesanti distorsioni sul mercato del lavoro del nostro Cantone.

Come indicano gli ultimi dati UST, nel corso del 2022 nel terziario i permessi G in Ticino sono cresciuti del 5.6%, a fronte di una crescita complessiva del frontalierato del 4.4%. Il settore terziario ticinese impiega ormai 52mila frontalieri su 80mila. Una cifra che è addirittura quintuplicata in due decenni.

Va pure ricordato che, in barba alle statistiche della SECO, i due terzi dei ticinesi disoccupati sono proprio lavoratori del terziario. La débâcle di Credit Suisse creerà migliaia di nuovi bancari disoccupati da ricollocare. In queste circostanze, un’ulteriore agevolazione dei frontalieri del terziario tramite home office è improponibile. Essa non farebbe che aumentare l’attrattività del mercato del lavoro ticinese per i pendolari italiani. Nel settore terziario andrebbe, al contrario, decretata una moratoria sul rilascio di nuovi permessi G.

La Lega dei Ticinesi ha già presentato a Berna nei mesi scorsi una mozione che chiede di non sottoscrivere alcun nuovo accordo con l’Italia sul telelavoro dei frontalieri. Continuerà pertanto a battersi in tal senso.

Lega dei Ticinesi

Bisogna limitare l’immigrazione: la richiesta della Lega appoggiata dai cittadini svizzeri

La Lega dei Ticinesi prende atto con soddisfazione che, secondo un sondaggio effettuato da Tamedia, la maggioranza dei cittadini svizzeri – inclusi quelli che si riconoscono nella “sinistra” – si dichiara favorevole ad una limitazione dell’immigrazione. Un obiettivo che la Lega sostiene coerentemente fin dalla propria fondazione.

Diversamente dalla partitocrazia, dunque, la popolazione è consapevole che anche l’immigrazione deve essere ricondotta entro i limiti della sostenibilità e dell’accettabilità. Deve basarsi sulle necessità e tenere conto dei limiti della Svizzera, deve essere decisa dalla Svizzera (non dall’UE) e non può rimanere incontrollata come lo è ora. A livello continentale, infatti, il nostro Paese ha conosciuto una crescita negli ultimi decenni non paragonabile con paesi simili o di maggiori dimensioni territoriali e umane; questo sta portando le infrastrutture al loro limite, così come la vivibilità e la qualità di vita percepita dalla popolazione.

L’immigrazione senza freni è la conseguenza della mancata applicazione dell’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” votata dal Popolo elvetico nel 2014, che è stata trasformata nel dicembre 2016 nell’inutile ed inefficace “preferenza indigena light”, per paura di reazioni da parte dell’UE. In questo modo, le maggioranze politiche alle Camere federali hanno violato la volontà popolare e adesso devono fare i conti con la disapprovazione del Popolo svizzero! 

Il sondaggio di Tamedia conferma quindi la centralità del tema della limitazione dell’immigrazione, un obiettivo che la Lega continuerà a promuovere con tutti i mezzi a sua disposizione sia a livello federale che cantonale.

 Dalla Svizzera aiuti miliardari all’Ucraina, “e gli svizzeri?”

La Lega dei Ticinesi apprende con costernazione della decisione – annunciata dal CF Ignazio Cassis (PLR) alla terza conferenza della Banca Mondiale tenutasi a Washington – di versare all’Ucraina ulteriori 1.8 miliardi di franchi dei contribuenti nei prossimi sei anni.

La Lega dei Ticinesi rifiuta la continua escalation dei contributi all’estero, che avviene in contemporanea con l’esplosione della spesa per l’asilo, imputabile anche all’arrivo massiccio di profughi dall’Ucraina. Tanto più che, malgrado questi ingenti sforzi, la Svizzera è di continuo sottoposta a vergognose pressioni e ricatti internazionali nel merito della guerra in Ucraina, miranti ad imporre la dismissione degli ultimi scampoli della nostra neutralità. Mentre i cittadini svizzeri si trovano confrontati con aumenti vertiginosi dei premi di cassa malati – per l’anno prossimo SantéSuisse ha già annunciato un ulteriore salasso – e del costo della vita in generale, il Consiglio federale addirittura incrementa i contributi all’estero, invece di ridurli. In più, mentre aumenta gli aiuti all’estero, la Confederazione prevede di ribaltare nuovi oneri finanziari sui Cantoni, e di conseguenza sui contribuenti.

La Lega dei Ticinesi chiede una drastica decurtazione dei versamenti all’estero e della spesa per l’asilo, affinché le risorse così risparmiate vengano destinate alle necessità dei cittadini elvetici (manifestamente considerati dal Consiglio federale e dalla partitocrazia come l’ultima ruota del carro). Continuerà a battersi in tal senso in tutte le sedi possibili.

Accordo di Dublino: la Svizzera non può subire passivamente le inadempienze di Roma

Da dicembre l’Italia non applica più l’accordo di Dublino. Di conseguenza, non riprende più i migranti la cui procedura, in base a tale accordo, si deve svolgere nel Belpaese. L’Italia si giustifica dicendo di non avere più la capacità necessaria per riprendersi questi asilanti.

Secondo fonti mediatiche, una direttiva interna di Roma prescriverebbe la sospensione di Dublino fino al due maggio. Tuttavia, c’è da dubitare che tale termine – comunque arbitrario – verrà rispettato, dal momento che in Italia gli sbarchi procedono a pieno ritmo. Il rischio concreto è quindi quello di una sospensione a tempo indeterminato.

A Berna, il problema è già stato sollevato dalla Lega dei Ticinesi lo scorso marzo, con un’interpellanza (23.3113) al Consiglio federale presentata dal CN Lorenzo Quadri, che chiedeva la sospensione dell’accordo di Schengen, e quindi il ripristino dei controlli sistematici al confine, fino a quanto Roma non avesse ripreso ad ottemperare ai propri obblighi internazionali in ambito migratorio.

E’ evidente che la sospensione dell’accordo di Dublino da parte italiana è inaccettabile per la Svizzera, ed in particolare per il Canton Ticino. Allo stato attuale risultano essere alloggiati nei centri svizzeri circa 300 migranti che non possono essere trasferiti in Italia. Una cifra che è, evidentemente, destinata a salire. 

La Lega dei Ticinesi ritiene inaccettabile l’atteggiamento passivo fin qui tenuto dal Consiglio federale – ed in particolare dalla ministra di Giustizia PS Elisabeth Baume Schneider – davanti al mancato rispetto dei propri obblighi internazionali da parte di Roma.

La Lega dei Ticinesi si attende pertanto che:

– Il Consiglio federale pretenda che l’Italia torni a rispettare l’accordo di Dublino

– La Svizzera sospenda l’accordo di Schengen e ripristini i controlli sistematici ai confini fino a quando l’Italia non avrà riattivato i rinvii Dublino.

– Le spese extra che la Svizzera, ed in particolare il Canton Ticino, dovranno sostenere a causa

dell’inadempienza italiana, vengano dedotte dal versamento dei ristorni delle imposte alla fonte dei

frontalieri.

La Lega dei Ticinesi ribadisce inoltre con forza la necessità per la Svizzera di dislocare al di fuori dell’Europa le proprie procedure d’asilo, allineandosi ai progetti in tal senso di Gran Bretagna e Danimarca.

Lega dei Ticinesi