IPCT dominata da ErreDiPi: la garanzia che la spremitura del contribuente non terminerà mai!

Un motivo in più per votare NO il 9 giugno

L’entrata in forze nel CdA della Cassa pensioni del Cantone (IPCT) di ErreDiPi, che ha ottenuto tre dei cinque seggi riservati agli assicurati a scapito dei sindacati storici, conferma la necessità di votare NO alle misure di compensazione IPCT il prossimo 9 giugno.
Infatti a rappresentare i collaboratori dello Stato all’interno dell’Istituto previdenziale cantonale ci sono ora i portatori più estremisti – capitanati da un docente liceale in arrivo da oltreconfine – di una visione irragionevole, che pretende il mantenimento ad oltranza di privilegi anacronistici del funzionariato a spese dei contribuenti ticinesi; e che oltretutto persegue i propri obiettivi con modalità non svizzere.
E’ evidente che con un CdA controllato da ErreDiPi la logica sarà quella della rivendicazione ad oltranza.
Una simile composizione  del CdA è la garanzia che, nella denegata ipotesi in cui il 9 giugno le misure di compensazione dovessero venire approvate dal popolo, tempo pochi anni ed ai contribuenti verrà nuovamente chiesto di iniettare ulteriori centinaia di milioni nella cassa pensioni dello Stato.
Ricordiamo che il Gran Consiglio ha già stanziato mezzo miliardo nel 2012, e che le misure di compensazione in votazione il 9 giugno costerebbero altri 800 milioni in vent’anni. Intanto IPCT applica ancora oggi un tasso di conversione superiore al 6%, che nessun’altra cassa cantonale ha. Questo malgrado il suo grado di copertura, con il 64.85%, sia di gran lunga il peggiore della Svizzera.
Basta spremere i contribuenti come limoni per mantenere gli infinanziabili privilegi pensionistici di chi beneficia del pubblico impiego!
Il fatto poi che solo 29% degli aventi diritto abbia partecipato all’elezione dei rappresentanti nel CdA IPCT dimostra che il tema delle misure di compensazione non è in realtà molto sentito nemmeno tra gli assicurati; se non, appunto, da una minoranza rumorosa, estremista e non svizzera.
Chi non vuole trasformare le proprie tasche nel self service del signor Quaresmini ed accoliti, il 9 giugno vota NO alle misure di compensazione IPCT!

Lega dei Ticinesi

Novità nel coordinamento della Lega

Gianmaria Frapolli diventa uno dei vice-coordinatori e Daniele Piccaluga è il nuovo
segretario della Lega.

Dopo il buon risultato ottenuto alle recenti elezioni comunali (colgo qui nuovamente l’occasione per complimentarmi con tutti gli eletti e per ringraziare chi si è messo a disposizione), Antonella Bignasca ha scelto di tornare a fare – come un po’ scherzosamente viene chiamata all’interno del Movimento – il “governo ombra” e quindi continuare ad agire liberamente quale editrice. Inoltre, le annunciate dimissioni di Piergiuseppe Vescovi da segretario del Movimento sono diventate effettive in questi giorni.
Questa situazione mi ha portato a rimodulare la squadra che mi sostiene e mi accompagna nella gestione della Lega.
Per completare la squadra accanto ai vice-coordinatori Alessandro Mazzoleni, Roberta Pantani Tettamanti e Daniele Piccaluga, ho scelto Gianmaria Frapolli, che sin dall’inizio di quest’anno si sta occupando di gestire i contatti con il mondo economico e creare un gruppo di pensiero per la Lega dei Ticinesi. Con la sua entrata nel coordinamento leghista, sono certo che Gianmaria contribuirà a garantire i legami di una politica orientata a tenere unito il mondo economico con le necessità sociali del nostro Cantone, di cui la Lega si fa promotrice sotto il motto “Non lasciare indietro nessuno, senza perdere nessuno”.
Il ruolo di segretario della Lega dei Ticinesi viene assunto da Daniele Piccaluga, che era già punto di riferimento per i contatti con le sezioni leghiste del Luganese. La sua esperienza professionale quale segretario comunale e ora consulente, gli permettono di dare il valore aggiunto necessario e continuare l’importante lavoro svolto da Pierre Vescovi, che – anche a nome di tutti i leghisti – ringrazio sentitamente per l’impegno e il lavoro profuso in questi anni. Prossimamente la Lega organizzerà un momento formativo per i neo-eletti consiglieri comunali e municipali leghisti, sotto la gestione operativa del vicecapogruppo in Gran Consiglio Andrea Sanvido, in modo da creare le basi per un lavoro proficuo a favore delle comunità locali in cui sono stati eletti. Inoltre, il prossimo 16 giugno la Lega terrà la sua assemblea ordinaria.

Norman Gobbi
Coordinatore Lega dei Ticinesi

Sindacati dalla parte dei frontalieri, contro i ticinesi

La Lega dei Ticinesi esprime il proprio sconcerto per la manifestazione presentata nell’allegato, patrocinata (anche) da sigle sindacali svizzere. Il che è davvero il colmo.

Ancora una volta i sindacati si schierano dalla parte dei frontalieri, invece di difendere i lavoratori residenti. Appoggiando perfino le rivendicazioni più strampalate (eufemismo) dei permessi G. Quale sarebbe il “dumping salariale” patito dai frontalieri? A subire il dumping salariale sono i lavoratori ticinesi; e ciò notoriamente a seguito dell’esplosione incontrollata del frontalierato voluta dalla partitocrazia, dal padronato e – appunto – dai sindacati.

“Per un telelavoro adeguato” dei frontalieri? Essendo ovvio che solo chi è impiegato nel terziario amministrativo può usufruire dell’home office: si rendono conto, i sindacati “svizzeri” (?), che promuovere il telelavoro dei frontalieri significa aggravare ulteriormente il soppiantamento (con annesso dumping salariale) dei lavoratori residenti con frontalieri nel settore terziario, vale a dire proprio negli ambiti lavorativi più gettonati dai ticinesi?

Ma queste sigle sindacali allo sbando, imbevute di ideologia internazionalista e sovranofoba, quanti vantaggi vogliono ancora accordare ai frontalieri, a detrimento dei lavoratori “indigeni”?
Ecco confermato che i sindacati contribuiscono alla devastazione del mercato del lavoro di questo Cantone, anziché difenderlo. Ma gli interessi sono chiari: anche i frontalieri si sindacalizzano e, con le loro quote d’adesione, permettono ai sindacati di versare ai propri dirigenti degli stipendi da manager (altro che proletariato). Ed intanto UNIA ha cumulato un patrimonio di un miliardo di franchi, entrando di prepotenza nell’elenco dei grandi capitalisti elvetici. Pecunia non olet!

Però c’è ancora gente così “ingenua” da credere ai sindacati e da seguire le loro indicazioni politiche. Auguri!

Lega dei Ticinesi

Da Pollegio passando per Hollywood Michele Guerra eletto primo cittadino

Il leghista è il nuovo presidente del Parlamento cantonale: «Oggi più che mai occorre maggiore armonia e collaborazione» Alla cerimonia il deputato ha invitato in aula il celebre attore italiano Giancarlo Giannini: «La dialettica è ciò che ci permette di andare avanti»
Quale linea sottile collega direttamente la piccola Pollegio, in Leventina, con la più blasonata Hollywood? Semplice: la conoscenza reciproca tra Michele Guerra, vicesindaco del Comune e da ieri primo cittadino del Cantone, e l’attore italiano (tra i più grandi della nostra epoca) Giancarlo Giannini, che nel quartiere di Los Angeles, proprio lungo Hollywood Boulevard, dallo scorso anno ha una stella a cinque punte con il proprio nome inciso sopra.
Poco prima delle 14.00, con un vero e proprio colpo di teatro – fino a pochi minuti dall’inizio della cerimonia nessuno era al corrente di chi fosse l’ospite d’onore – Giannini è infatti apparso lungo i corridoi di Palazzo delle Orsoline, invitato per l’occasione proprio dal deputato leghista Michele Guerra, eletto ieri presidente del Gran Consiglio. Un colpo di teatro, si diceva, anche perché nell’aula del Parlamento, l’attore – che tra i suoi tanti lavori, oltre a prestare la voce ad Al Pacino e Jack Nicholson, può vantare partecipazioni in film di James Bond e a lungometraggi diretti da Lina Wertmüller, Mario Monicelli e Francis Ford Coppola, solo per citare qualche nome – ha letto il celebre monologo di Marco Antonio, contenuto nella tragedia scritta da William Shakespeare Giulio Cesare.

L’importanza del dialogo
«Un bellissimo monologo di Shakespeare – ha poi raccontato l’attore ai media al termine della cerimonia – dove c’è una bellissima retorica, attraverso la quale Marco Antonio riesce a cambiare tutto e a diventare quello che è diventato ». Arte della retorica, del dialogo, che purtroppo stiamo perdendo: «Dialogare è la cosa più bella – ha aggiunto Giannini –. La dialettica è ciò che ci permette di andare avanti, di curiosare e di conoscere quello che generalmente molti uomini non conoscono: il loro divenire. Perché lo complicano. Tutti ci complichiamo la vita. Oggi abbiamo perso la semplicità e la fantasia. Avere la curiosità. Ma come diceva Einstein, se non hai più curiosità, ogni giorno, del tuo divenire, sei come morto».

E di aprirsi agli altri
E della dialettica, dell’importanza di aprirsi al dialogo verso gli altri, soprattutto con chi non la pensa come noi, ha voluto parlare anche lo stesso Michele Guerra nel suo primo intervento ufficiale da primo cittadino del Cantone. « In questi 13 anni ( ndr. siede in Gran Consiglio dal 2011) ho visto anche cose che vanno migliorate », ha spiegato il leghista in un momento del suo discorso. « Parliamo da anni di sostenibilità, di natura. Ma è da quando sono qui che ci riuniamo chiusi senza quasi luce naturale, anche quando fuori splende sole. E, se non in rare occasioni, non ho mai visto le tapparelle alzate sui tre finestroni. Apriamoci quindi maggiormente e lasciamo entrare la luce del sole», ha affermato alzando le tapparelle dell’aula. «E con questa allegoria semplicissima, cerchiamo di essere sempre, con i piedi piantati a terra, aperti a ciò che sta fuori e anche aperti tra di noi».
Il neo-eletto primo cittadino ha inoltre voluto mandare un messaggio ai giovani. Soprattutto a coloro che intendono lanciarsi in politica. «Incoscientemente mi buttai in politica con un’esperienza umilissima in un consiglio comunale. Pensai, come capita a tanti giovani, di aver fatto un errore. Da famiglia ben poco influente contavo come il due di picche. Tanti sforzi, nessun risultato, tante delusioni, tanta polvere da mordere. Ma oggi, e lo dico per i tanti giovani, non posso che vedere l’utilità di quell’esercizio apparentemente inutile. Con me vedevo decine e decine di bravissimi giovani politici, e li vedo ancora oggi, gettare la spugna delusi, magari a tre quarti del percorso. Avevo io qualcosa in più degli altri? No, anzi. Se non magari il gusto. Quando vai in montagna le prime volte fai fatica. Poi sviluppi il gusto e vai avanti. E per me così è stato. Mai mollando, dal terreno sono spuntati i germogli. Nel 2011 a 25 anni eccomi qui in Gran Consiglio. E mai avrei immaginato un giorno di diventarne il presidente. Serva quindi da aiuto ai tanti bravi giovani attivi in tutti gli schieramenti: gli sforzi che sembrano inutili, da semi che muoiono davanti a noi, diventano germogli. E i germogli diventano pianta solida. Basta ave re il gusto di mai smettere di crederci, qualsiasi cosa accada ».

Le sfide davanti a noi
E di pazienza, nonché di apertura al dialogo, ne servirà parecchia quest’anno in Gran Consiglio. Già, perché l’anno di presidenza di Michele Guerra sarà certamente segnato (anche) dalla difficile situazione finanziaria del Cantone e quindi, di riflesso, dal secondo pacchetto di misure di rientro che sarà presentato nei prossimi mesi dal Governo. Tutto ciò, in un clima politico già abbastanza incandescente. Non sarà, detto altrimenti, un anno facile. Come intende affrontarlo Guerra? « Nel passato avevamo tante sfide. Tante quante oggi. Ma avevamo una cabina di regia, si riusciva sempre a comporre delle maggioranza solide – ci ha risposto al termine della cerimonia –. Ricordo il risanamento del 2016. Lo si lanciò facendo tre o quattro telefonate. E nel giro di tre anni cambiò la situazione. Oggi le sfide ci sono ancora, ma è anche diverso l’approccio alle sfide. Perché il Parlamento è molto più sfilacciato, frammentato, e trovare la maggioranza non è più così semplice. Ne consegue che non bisogna avere paura delle sfide. Ma bisogna fare un passo indietro e guardare a tutti i nostri novanta deputati, capendo che è necessaria maggiore armonia e collaborazione ». Perché, ha aggiunto, «se non collaboriamo tutti e novanta non possiamo aiutare questo cantone a trovare soluzioni ». Nel recente passato, ammette poi il primo cittadino, «è vero che il clima non più stato così costruttivo, come lo era anche solo 5 o 6 anni fa. Questo anche a fronte di un Parlamento più frammentato. Ciò ci impone, lo ripeto, di cercare di collaborare maggiormente, in modo costruttivo ».

Corriere del Ticino, martedì 7 maggio 2024

Gobbi: inchiesta agli sgoccioli

Le indagini sull’incidente che in novembre ha coinvolto il consigliere di Stato hanno stabilito cosa accadde nelle fasi successive – A breve le decisioni

L’inchiesta ha ormai ricostruito nei dettagli quanto accadde, in Alta Leventina, la notte del 14 novembre scorso, quando il Consigliere di Stato Norman Gobbi rimase coinvolto in un incidente stradale. Fu lui ad avvisare la polizia. Non vedendo arrivare la pattuglia, la chiamò addirittura due volte. Poi – ha accertato l’analisi dei tabulati telefonici – non contattò più nessuno, rimettendosi alle disposizioni impartite dagli agenti.

Non fu Gobbi a chiedere il “probatorio”
Il primo test dell’alcol a cui fu sottoposto (il “precursore”) rilevò un tasso leggermente superiore al consentito. Ma sul display dell’apparecchio apparve la scritta, fotografata e messa agli atti: “calibrazione scaduta”. Per questo motivo venne eseguito il secondo test (il “probatorio”), dal quale emerse un valore al di sotto del limite. Non lo chiese Gobbi, come si è sempre pensato, ma lo volle la polizia.

Accertata la tempistica
L’ordine fu deciso, nel corso di una telefonata, dalle tre persone ora sotto inchiesta per abuso di autorità e favoreggiamento: l’ufficiale di picchetto (difeso da Elio Brunetti), un quadro della gendarmeria (patrocinato da Maria Galliani) e un capogruppo (rappresentato da Roy Bay). Dopo quella chiamata l’ufficiale non ebbe più contatti telefonici. Gli altri due poliziotti partirono alla volta di Camorino per prendere il macchinario e portarlo ad Airolo. Secondo i dati forniti dal sistema gps dell’auto, la tratta fu percorsa in 35 minuti. Un tempo assolutamente normale.

Un ritardo spiegabile?
Il test venne effettuato però poco dopo le due ore previste dal momento dell’incidente. Termine oltre il quale occorre procedere con l’esame del sangue. Ma anche qui, il ritardo di cinque minuti sarebbe spiegabile: sia con il margine d’errore legato all’orario esatto dell’incidente, sia con il grado di precisione (non impeccabile) dell’orologio dell’apparecchio.

La tesi dei poliziotti
E comunque – sostengono le difese – era talmente esiguo da rendere sproporzionato l’esame del sangue, che si sarebbe dovuto tenere all’ospedale di Bellinzona. Quando si sfora di così poco e ci si trova in luoghi discosti, si può prescinderne; proprio come si è fatto in altri casi. Per gli imputati, insomma, Gobbi non avrebbe ricevuto trattamenti di favore.

Nei confronti dell’ufficiale di picchetto si profila un decreto d’abbandono. Più aperta la posizione degli altri due indagati. L’inchiesta – come detto – è in dirittura d’arrivo, e a breve il procuratore generale Andrea Pagani emetterà le sue decisioni.

Da www.rsi.ch/info