Ceto medio: ultimo appello per una maggiore giustizia fiscale
Piergiuseppe Vescovi, economista
Sul modo a dir poco discutibile con cui Consiglio di Stato e città hanno preso posizione sull’iniziativa della Lega per una più ampia deducibilità dei premi di cassa malati mi sono già espresso. Resta l’amarezza per un episodio che segna un momento triste della politica recente, sempre più smarrita e confusa.
Sul piano dell’evoluzione dei premi della cassa malati un punto rimane fermo: senza un intervento deciso a livello federale sarà molto difficile contenere l’esplosione dei costi della salute, un settore particolare in cui l’offerta finisce troppo spesso per determinare la domanda, con un ruolo rilevante da parte dell’industria farmaceutica. A livello cantonale, però, lo spazio d’azione non può che passare dalla leva fiscale.
Venendo all’iniziativa della Lega, è innegabile che essa rappresenti almeno un parziale rimedio a una palese ingiustizia fiscale, cresciuta negli anni insieme all’aumento ininterrotto dei premi. La legge fiscale attuale risale al 1994: se allora le deduzioni ammesse potevano avere una loro logica, oggi non è più così.
In concreto, l’iniziativa propone di aumentare le deduzioni di 3’500 franchi per i singoli e di 7’000 per i coniugati. Per capire meglio l’impatto reale, ho voluto vedere cosa questo significherebbe per diverse fasce di reddito imponibile, considerando livelli compresi tra i 60’000 e i 100’000 franchi annui: una forbice che può a ragione essere ricondotta al cosiddetto ceto medio.
Ebbene: con un reddito imponibile di 60’000 franchi, il risparmio fiscale annuo per l’imposta cantonale sarebbe di 400 franchi per un singolo (pari al 10%) e di 550 per una coppia (25%). A 100’000 franchi, il vantaggio salirebbe di poco, a 450 franchi per il singolo (pari al 5,0%) e a 900 per la coppia (13.5%).
Considerando un moltiplicatore comunale dell’85% (circa il valore medio fra le diverse realtà), il risparmio complessivo ammonterebbe a 750 franchi per i singoli e a 1’000 per i coniugati con imponibile di 60’000. Risparmio che passerebbe rispettivamente a 800 e 1’650 franchi in presenza di un imponibile di 100’000. Le percentuali di sgravio rimangono pressoché identiche.
È quindi difficile sostenere, come fanno alcune fonti di area progressista, che la misura andrebbe a beneficio esclusivo delle fasce più agiate. Anche con redditi imponibili di 200’000 franchi il risparmio per l’imposta cantonale rimarrebbe contenuto: 500 franchi per un singolo (2%) e 1’000 per i coniugati (5%), percentuali sempre riferite al risparmio sull’importo dovuto senza considerare le maggiori detrazioni richieste dall’iniziativa.
Chiarito questo punto – troppo spesso distorto per alimentare pregiudizi verso l’iniziativa – non resta che auspicare che il ceto medio sappia accogliere questa proposta ragionevole e necessaria. Non una svolta epocale, certo, ma finalmente un gesto concreto verso chi da sempre sopporta gran parte degli oneri di uno Stato costoso e sovradimensionato.
I minori introiti per gli enti pubblici derivanti da questo adeguamento sono molto contenuti: poco più dell’1% rispetto alla spesa complessiva. Importi che potrebbero essere facilmente assorbiti da un minimo di risparmio, vocabolo purtroppo sempre meno conosciuto da chi ci governa. Su questo fronte non nutro più troppe illusioni. In ogni caso, con questa iniziativa si offrirebbe almeno al ceto medio un segnale giusto e atteso da tempo.